Pannello 2 - Approfondimento
Dafne
Scrive Ovidio nelle Metamorfosi “E le braccia divennero rami e Dafne, ormai immobile alberello di alloro, poté sfuggire così alla violenza di Apollo. Fermi i suoi piedi divenuti radici. Ferme le sue mani divenute foglie, Apollo non poté più possederla”.
Racconto mitologico che con il Bernini si trasformerà in uno splendido gruppo marmoreo e diventerà simbolo della violenza maschile dando il nome per decenni ai progetti dell’Unione europea per azioni contro la violenza (Progetti Dafne).
Ma nessuno ricorda che Dafne voleva essere salvata sì, ma per seguitare a correre libera come aveva sempre fatto, non per essere immobilizzata nella fissità di un’essenza vegetale. Perché dunque bloccare la ninfa che era sulla sua terra e non bloccare Apollo che la insidiava? Ovidio non ce lo spiega, ci dice solo che l’alloro divenne la pianta sacra allo stesso dio che ne aveva indirettamente provocato la metamorfosi. Non c’è solo Ovidio, ma anche tanti altri poeti, scrittori e musicisti che raccontano il mito di Dafne e che non trovano altre spiegazioni; non ammettono che una giovane ninfa aveva detto no a un dio bello e potente ma lui non si era rassegnato. La mancanza di consenso che Dafne esprime, dovrebbe essere sufficiente a far capire a qualunque uomo che si deve fermare, ma Apollo, come molti uomini anche oggi, non capisce o fa finta di non capire, e come tanti altri uomini entra nella genealogia dei violenti. Si costruiscono così simboli e ragioni per non essere ricordati come violenti esercitando in questo tutto il proprio potere.