Pannello 9 - Approfondimento
Donne, guerra e pace

L’UDI è stata forse la prima ad indicare nella pace un tema totalmente politico, nè di soli sentimenti buoni nè di recriminazione, in questo riuscendo a essere anticipatrice di una sensibilità che maturerà decenni dopo.
Da sempre impegnata per la pace anche a livello internazionale, l’UDI ha più volte levato la sua voce autonoma, sia nella Guerra Fredda che sulle aggressioni a vari popoli (Cambogia, Vietnam, Corea, Balcani).
Nel 1951 l’UDI fa una Campagna per raccogliere scatole di latte per i bambini coreani che vivevano in un paese devastato dalla guerra. Reduce dei ricordi di tanta miseria le donne dell’UDI fanno un appello da madre a madre; un atto di solidarità internazionale.
Coefficiente Serpieri
Introdotto con legge nel 1934, sul lavoro delle contadine, dal Ministro fascista omonimo, si intendeva un sistema di valutazione in base al quale il lavoro di una contadina era considerato soltanto pari a una percentuale di quello svolto da un uomo. La teorizzazione della diversa valutazione del lavoro delle donne contadine venne definita e tradotta in cifre nelle “tabelle” del Serpieri, economista agrario negli anni ’20-’30. Secondo tali “tabelle”, fatto il lavoro dell’uomo dai 18 ai 68 anni eguale ad 1, il lavoro femminile è valutato 0,60, vale a dire poco più della metà. Dai 12 ai 18 anni e dopo i 68 anni il lavoro maschile è valutato 0,50 e quello femminile 0,30, sempre rispetto all’unità lavorativa dell’uomo adulto.
L’abolizione del coefficiente Serpieri si inseriva nelle lotte che l’Udi da subito propone come fondamentali per il diritto al lavoro delle donne.
La mobilitazione dell’Udi per cambiare lo stato delle cose parte dalla nascita della Costituente della Terra che alla fine dei suoi lavori lancerà questo Appello
Appello rivolto alle donne a conclusione della Costituente della Terra *
*In Bollettino d’informazione, anno I, n. 11, gennaio 1948
Perchè la nostra vita possa essere libera dai legami di una schiavitù millenaria.
Perchè lo spettro della disoccupazione sia per sempre allontanato dalle nostre famiglie.
Perchè anche per noi vi sia sicurezza di assistenza nelle malattie, nella maternità, nella vecchiaia.
Perchè anche per noi vi siano case spaziose e sane.
Perchè anche noi possiamo avere luce, acqua, strade che rendano meno dura la nostra fatica quotidiana.
Perchè anche i nostri figli abbiano scuole e istruzione.
PERCHÈ IL NOSTRO LAVORO POSSA DARE A TUTTI I BIMBI, A TUTTE LE DONNE, A TUTTO IL POPOLO IL PANE QUOTIDIANO.
Noi donne, contadine d’Italia,chiediamo
Revisione e rispetto dei contratti agrari. Divisione della grande proprietà e del latifondo. Protezione ed aiuto per la piccola proprietà. Partecipazione dei lavoratori della terra alla gestione delle aziende agricole
Perchè tutto questo divenga realtà
Perchè divenga realtà il sogno di Giuditta Levato e di quante hanno lottato e sofferto
Per la libertà della terra
UNIAMOCI
braccianti e mezzadre, piccole proprietarie e colone, del nord e del sud, dei monti e delle pianure, in una grande associazione, per conquistare, assieme a tutti i lavoratori della terra, il riscatto delle campagne, una vita di lavoro e di libertà, pari salario e un avvenire di pace.
L’associazione delle donne contadine è una delle associazioni differenziate dell’Udi perchè nel ‘47 questa scelta dell’associazionismo differenziato appare all’Udi la strada per la mobilitazione politica di masse di donne — le più numerose possibili. Sono alcune tipiche condizioni di vita e di status sociale comuni a grandi numeri di donne — le contadine, le casalinghe, le donne che hanno a loro carico una famiglia per le ragioni più diverse, in primo luogo la guerra — che offrono il terreno ad questa iniziativa dell’Udi stimolandola ad individuare motivi di lotta e ad enucleare possibili obiettivi rivendicativi.
L’Udi. dimostra di saper cogliere con puntualità e aderenza al reale le condizioni di disagio, le aspettative, la carica di combattività potenziale di queste donne. Il motivo unificante è quello di attrarre nell’orbita delle lotte politiche nuove forze femminili.
Ma, nell’evocare alla ribalta queste figure di donne, con il loro carico di sofferta condizione femminile e di specifica oppressione, l’azione organizzata porta alla luce la materia viva e gli aspetti più riposti della subalternità che entrano nella coscienza collettiva della lotta femminile. Con la contadina emerge il permanere, nella società moderna, di un rapporto di tipo servile: la donna proprietà del patriarcato, sia nella sua qualità di riproduttrice di forza lavoro, sia nella sua qualità di produttrice di una quota di lavoro sociale venduto e gestito, all’esterno, dal maschio, marito-padre-padrone. Con la casalinga emerge l’esistenza, nella società, di una quantità enorme di lavoro non riconosciuto, non retribuito, pilastro di tutta l’organizzazione sociale, “dovere” di moglie e di madre, amore sotto forma di servizi. Con la donna capofamiglia si manifesta la riprova vivente della cristallizzazione dei ruoli, che fa sì che la società rifiuti di riconoscere a quella donna che pure sostiene un carico familiare quei diritti, quei provvedimenti concreti, quel prestigio che sono attribuiti all’uomo che si trova in quelle medesime condizioni.
L’Associazione delle donne contadine comincia ad organizzarsi in occasione dell’assemblea nazionale della Costituente della terra (Bologna, 21 dicembre 1947).
L’associazione (che alla fine del 1948 assumerà il nome di Donne della campagna) conosce un primo periodo di sviluppo soprattutto nelle regioni meridionali: grosso è il contributo di presenza nelle lotte del movimento per la “rinascita” che aveva al centro il problema della riforma agraria. Nei mesi successivi, le donne si riuniscono in numerose province agricole dando luogo a convegni specifici nei quali vengono affrontati, oltre ai problemi economici e sociali delle campagne, temi più legati alla quotidianità della vita, quali le condizioni della maternità e dell’infanzia, i problemi dell’igiene e della sanità, delle scuole e degli asili, della preparazione professionale, delle abitazioni contadine.
Si sviluppa, così, un’analisi della condizione delle donne che vivono e lavorano nelle campagne: i disagi e le servitù cui, in quanto donne, sono particolarmente sottoposte divengono occasione per suscitare momenti di coscienza ed individuare nuovi, originali punti di attacco contro il potere, la prepotenza, l’autoritarismo dei padroni delle campagne. Già nel documento in preparazione della Costituente della terra, figura al primo punto degli obiettivi di lotta la questione delle “regalie”, “obblighi”, “onoranze” che, si afferma, tolgono “in particolare alla donne contadine e mezzadre i frutti del proprio lavoro”. Ci si riferisce a quel tipico rapporto tradizionale di antica data per il quale precisi capitolati tra il padrone e chi coltivava la terra sancivano che in date previste dell’anno dovevano essere forniti alla famiglia padronale determinate quantità e qualità di prodotti agricoli e animali da cortile.
Spesso gli stessi capitolati prevedevano i servizi che le donne della famiglia contadina dovevano prestare — senza compenso — nella casa padronale: non erano né lontani, né scomparsi i tempi nei quali, tra queste prestazioni, si annoverava il diritto del padrone-maschio di considerare le donne dei contadini che da lui dipendevano come sua proprietà sessuale.
Il rifiuto alle prestazioni di servizi e regalie mentre faceva delle donne una presenza importante e protagonista nel confronto con il padronato agrario, metteva a nudo anche la totale esclusione delle donne dalla gestione dell’azienda, malgrado che il loro lavoro fosse essenziale a tal punto che veniva esplicitamente richiamato nei contratti.
La presa di coscienza dell’ingiustizia di questa esclusione venne a confluire nel movimento generale per la riforma dei contratti agrari: la famiglia contadina nel rivendicare nei confronti del padrone una maggiore quota nel riparto del prodotto aveva interesse a far pesare tutte le unità di lavoro presenti nella famiglia, e, quindi, anche le donne. Per questa breccia emerge per la prima volta il valore economico della prestazione lavorativa delle donne delle campagne: quel valore da economia aziendale che in gran parte è rimasto sommerso per il suo intreccio strettissimo con la casalinghità.
Il contenuto emancipatorio di queste lotte darà pieni frutti solo parecchi anni più tardi, quando si porrà pienamente e chiaramente il problema di far riconoscere il valore del lavoro della donna contadina nella battaglia per la modifica del cosiddetto “coefficiente Serpieri” e, indirettamente, con la rivendicazione della pensione alle casalinghe, che interesserà anche le donne.